A guardarlo, il libro del professor Settis, mette di buon
umore. E non solo perché s'intitola Costituzione!, con quel punto esclamativo
che sembra un’esortazione. Poi c’è il sottotitolo: “Perché attuarla è meglio
che modificarla”. Dentro i contributi –raccolti e aggiornati –che negli anni
sono apparsi sui giornali o pronunciati in eventi pubblici e che parlano di
lavoro, salute, scuola, paesaggio: beni comuni e diritti a cui l’operare dello
Stato dovrebbe orientarsi. Ma non accade, “perché i governi hanno smontato lo
Stato”.
Professore, partiamo dal sottotitolo: attuarla.
Chi insiste nel ripetere che la Costituzione va cambiata
sostenendo che la prima parte non si tocca, non dice mai cosa di quella prima
parte è realmente attuato. L’articolo 32, sul diritto alla salute, è attuato o
no? Da quando, con la riforma del Titolo V, il sistema sanitario è organizzato
su base regionale, come risulta da un’inchiesta del C orrier e, la vita media
degli italiani sta calando. Mi piacerebbe che chi dice di voler cambiare la
Carta, s’impegnasse anche ad applicare le molte parti rimaste inattuate.
I riformatori risponderebbero che il nuovo sistema corregge
i danni del federalismo, facendo tornare molte materie alla competenza del
legislatore nazionale.
Sulla riforma del titolo V del 2001 –di cui mi sono occupato
in particolar modo per quanto attiene alla tutela del paesaggio – sono sempre
stato critico. Questa parte del ddl Boschi – senza entrare nel merito di com’è
fatta, cioè malissimo –ha una qualche ragione d ’essere. L’attuazione dell’art.
32 non dipende solo dal federalismo. Il problema sono i continui tagli e l’imposizione
di ticket che sembrano portarci lentamente verso un sistema di sanità privata.
Mentre gli Usa di Obama cercano di imitare noi, noi cerchiamo di imitare Reagan.
Il premier l’ha messa sul personale: si vota o con lui o
contro di lui.
Non bisogna cadere nella trappola del referendum-plebiscito.
La vera ragione per cui essere contrari è che la riforma intacca un terzo del
testo costituzionale, diminuendo il prestigio del presidente della Repubblica –
attraverso un meccanismo di elezione ridicolo – e il peso del Parlamento. Con
un Senato, non più eletto dal popolo, ridotto a un dopolavoro per sindaci e
consiglieri regionali. Il principio della sovranità popolare viene indebolito.
Non ho alcun dubbio che siamo solo all’inizio di un percorso...
Infatti lei parla di un “assalto alla Carta”, che parte ben
prima del governo Renzi.
C’è una convergenza tra il famoso report di JP Morgan del
2013 che punta il dito contro le Costituzioni del Sud Europa “troppo
influenzate da idee socialiste” e l’agire dei governi, in particolare mi
riferisco al documento Letta: Renzi è stato più cauto. È il segno di una
mentalità che si è fatta strada nei circoli della finanza internazionale e
delle élite politiche europee, penso alla Commissione e alla Banca centrale,
che vuole imporre un ultraliberismo che viene spacciato per nuovo. Ma a me
risulta che il thatcherismo non sia proprio un modello nuovo.
Quando si occupa della riforma dell’articolo 81 – con
l'introduzione del pareggio di Bilancio in Costituzione – parla di un precetto
seguito dal governo Monti che la Carta nega: la priorità dell’economia sui
diritti.
In quel momento anch’io ho sottovalutato l’impatto della
riforma. Ma quella è stata una specie di prova generale della maggioranza delle
larghe intese: un progetto molto chiaro del presidente Napolitano per
modificare la Costituzione senza bisogno di un referendum. Il principio che sta
dietro all’articolo 81 è lo stesso che alberga a Taranto, dove il diritto alla
salute viene scambiato con il diritto al lavoro. Certi temi non si affrontano
perché l’economia ne risente. Ma sono i cittadini a rimetterci. Farò un
paragone che può sembrare improprio: perché sul caso Regeni l’Italia ha solo
finto di fare la voce grossa? Perché dietro ci sono interessi economici. Questo
per dire che i diritti di una persona o della persona vengono schiacciati in nome
dell’economia che dovrebbe salvare il Paese, nonostante la lunga stagnazione e
la disoccupazione giovanile al 38%.
In più punti del libro sottolinea la sospetta confusione,
anche lessicale, della riforma: come se fosse scritta per non essere capita.
Lo sforzo che ho fatto in questo volume è stato articolare
il ragionamento sulla riforma, affrontandone via via i temi nello specifico.
Perciò ho inserito una corposa appendice con tutte le riforme costituzionali
state fatte fino ad oggi, compresa l’ultima. L’articolo 70 – che prima contava
4 parole e ora 434 –è fatto per non essere capito, per confondere le idee e
tenere i cittadini lontano dalla Costituzione. Dicono che il bicameralismo
produce solo danni: avrebbero fatto miglior figura a cancellare il Senato. Non
è vero, tra l’altro, che il bicameralismo è stato abolito. Per quanto riguarda
la cosiddetta semplificazione, ci sono almeno 23 fattispecie di leggi che
devono passare per il Senato. Ecco perché nella lettera dei costituzionalisti –
11 dei quali presidenti emeriti della Consulta – si dice chiaramente che la
riforma non funzionerà. Succederà che si farà ancor più ricorso ai decreti
legge del governo, delegittimando ulteriormente il Parlamento. Quindi
l’esecutivo – per evitare che il Paese si fermi – diventerà ancora più potente
perché, come si usa dire, “non c'è alternativa”.
Renzi ha parlato di “archeologi travestiti da costituzionalisti”.
Forse pensava a lei...
Non desidero interloquire a questi livelli. Si deve parlare
del merito della riforma, che è ciò che interessa ai cittadini. Sulla
rottamazione mi permetto di osservare che Renzi ha fatto il patto del Nazareno
con Berlusconi, che non è proprio un giovanotto. Come del resto Verdini. I
vecchi vanno bene se sono amici suoi. Ma dal premier voglio sapere, punto per
punto, come cambierà la nostra democrazia.
Il F.Q. del 13 maggio 2016 - pag. 5
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