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DI BATTISTA - 11.05.2016 OTTOEMEZZO

11.05.2016 - ALFONSO BONAFEDE (M5S) Unioni civili: tutta la verità in faccia al governo

venerdì 13 maggio 2016

“La riforma Boschi è fatta per allontanare i cittadini”

A guardarlo, il libro del professor Settis, mette di buon umore. E non solo perché s'intitola Costituzione!, con quel punto esclamativo che sembra un’esortazione. Poi c’è il sottotitolo: “Perché attuarla è meglio che modificarla”. Dentro i contributi –raccolti e aggiornati –che negli anni sono apparsi sui giornali o pronunciati in eventi pubblici e che parlano di lavoro, salute, scuola, paesaggio: beni comuni e diritti a cui l’operare dello Stato dovrebbe orientarsi. Ma non accade, “perché i governi hanno smontato lo Stato”.
Professore, partiamo dal sottotitolo: attuarla.
Chi insiste nel ripetere che la Costituzione va cambiata sostenendo che la prima parte non si tocca, non dice mai cosa di quella prima parte è realmente attuato. L’articolo 32, sul diritto alla salute, è attuato o no? Da quando, con la riforma del Titolo V, il sistema sanitario è organizzato su base regionale, come risulta da un’inchiesta del C orrier e, la vita media degli italiani sta calando. Mi piacerebbe che chi dice di voler cambiare la Carta, s’impegnasse anche ad applicare le molte parti rimaste inattuate.
I riformatori risponderebbero che il nuovo sistema corregge i danni del federalismo, facendo tornare molte materie alla competenza del legislatore nazionale.
Sulla riforma del titolo V del 2001 –di cui mi sono occupato in particolar modo per quanto attiene alla tutela del paesaggio – sono sempre stato critico. Questa parte del ddl Boschi – senza entrare nel merito di com’è fatta, cioè malissimo –ha una qualche ragione d ’essere. L’attuazione dell’art. 32 non dipende solo dal federalismo. Il problema sono i continui tagli e l’imposizione di ticket che sembrano portarci lentamente verso un sistema di sanità privata. Mentre gli Usa di Obama cercano di imitare noi, noi cerchiamo di imitare Reagan.
Il premier l’ha messa sul personale: si vota o con lui o contro di lui.
Non bisogna cadere nella trappola del referendum-plebiscito. La vera ragione per cui essere contrari è che la riforma intacca un terzo del testo costituzionale, diminuendo il prestigio del presidente della Repubblica – attraverso un meccanismo di elezione ridicolo – e il peso del Parlamento. Con un Senato, non più eletto dal popolo, ridotto a un dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali. Il principio della sovranità popolare viene indebolito. Non ho alcun dubbio che siamo solo all’inizio di un percorso...
Infatti lei parla di un “assalto alla Carta”, che parte ben prima del governo Renzi.
C’è una convergenza tra il famoso report di JP Morgan del 2013 che punta il dito contro le Costituzioni del Sud Europa “troppo influenzate da idee socialiste” e l’agire dei governi, in particolare mi riferisco al documento Letta: Renzi è stato più cauto. È il segno di una mentalità che si è fatta strada nei circoli della finanza internazionale e delle élite politiche europee, penso alla Commissione e alla Banca centrale, che vuole imporre un ultraliberismo che viene spacciato per nuovo. Ma a me risulta che il thatcherismo non sia proprio un modello nuovo.
Quando si occupa della riforma dell’articolo 81 – con l'introduzione del pareggio di Bilancio in Costituzione – parla di un precetto seguito dal governo Monti che la Carta nega: la priorità dell’economia sui diritti.
In quel momento anch’io ho sottovalutato l’impatto della riforma. Ma quella è stata una specie di prova generale della maggioranza delle larghe intese: un progetto molto chiaro del presidente Napolitano per modificare la Costituzione senza bisogno di un referendum. Il principio che sta dietro all’articolo 81 è lo stesso che alberga a Taranto, dove il diritto alla salute viene scambiato con il diritto al lavoro. Certi temi non si affrontano perché l’economia ne risente. Ma sono i cittadini a rimetterci. Farò un paragone che può sembrare improprio: perché sul caso Regeni l’Italia ha solo finto di fare la voce grossa? Perché dietro ci sono interessi economici. Questo per dire che i diritti di una persona o della persona vengono schiacciati in nome dell’economia che dovrebbe salvare il Paese, nonostante la lunga stagnazione e la disoccupazione giovanile al 38%.
In più punti del libro sottolinea la sospetta confusione, anche lessicale, della riforma: come se fosse scritta per non essere capita.
Lo sforzo che ho fatto in questo volume è stato articolare il ragionamento sulla riforma, affrontandone via via i temi nello specifico. Perciò ho inserito una corposa appendice con tutte le riforme costituzionali state fatte fino ad oggi, compresa l’ultima. L’articolo 70 – che prima contava 4 parole e ora 434 –è fatto per non essere capito, per confondere le idee e tenere i cittadini lontano dalla Costituzione. Dicono che il bicameralismo produce solo danni: avrebbero fatto miglior figura a cancellare il Senato. Non è vero, tra l’altro, che il bicameralismo è stato abolito. Per quanto riguarda la cosiddetta semplificazione, ci sono almeno 23 fattispecie di leggi che devono passare per il Senato. Ecco perché nella lettera dei costituzionalisti – 11 dei quali presidenti emeriti della Consulta – si dice chiaramente che la riforma non funzionerà. Succederà che si farà ancor più ricorso ai decreti legge del governo, delegittimando ulteriormente il Parlamento. Quindi l’esecutivo – per evitare che il Paese si fermi – diventerà ancora più potente perché, come si usa dire, “non c'è alternativa”.
Renzi ha parlato di “archeologi travestiti da costituzionalisti”. Forse pensava a lei...

Non desidero interloquire a questi livelli. Si deve parlare del merito della riforma, che è ciò che interessa ai cittadini. Sulla rottamazione mi permetto di osservare che Renzi ha fatto il patto del Nazareno con Berlusconi, che non è proprio un giovanotto. Come del resto Verdini. I vecchi vanno bene se sono amici suoi. Ma dal premier voglio sapere, punto per punto, come cambierà la nostra democrazia.
Il F.Q. del 13 maggio 2016 - pag. 5

mercoledì 11 maggio 2016

IL SINDACO DI LIVORNO Nogarin, la Procura chiarisce: nessuna nuova accusa

Filippo Nogarin è indagato solo per concorso in bancarotta fraudolenta. È quanto risulta da una comunicazione emessa dalla procura della Repubblica di Livorno, su richiesta dell’avvocato del sindaco, Sabrina Franzone. Si può essere indagati senza ricevere un avviso di garanzia, e il fatto che Nogarin avesse ricevuto l’avviso solo per bancarotta aveva lasciato aperta la strada all’ipotesi che gli venissero contestati anche altri reati. Era quanto scritto dal Tirreno, secondo cui il sindaco grillino sarebbe indagato anche per abuso di ufficio e falso in bilancio, nell’ambito dell’inchiesta “Città pulita” su Aamps, la municipalizzata dei rifiuti per cui la giunta M5s ha chiesto il concordato preventivo. In particolare, scrive il quotidiano livornese, a Nogarin verrebbe contestata la revoca del Cda dell’azienda, il 7 gennaio scorso, e l’approvazione del bilancio 2014, nonostante il parere contrario dei revisori dei conti. Ma la Procura ha confermato che il sindaco è iscritto nel registro degli indagati solo per concorso in bancarotta fraudolenta, per il quale ha ricevuto sabato un avviso di garanzia. Per lo stesso reato sono indagati anche l’assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti, e l’ex sindaco Alessandro Cosimi, del Pd.
Il F.Q. del 11 maggio 2016 – pag. 5

CHIARA APPENDINO - La candidata del M5s: “Questa è una città povera con una ricca al centro, in cui il bello copre il brutto. Per questo vinco io”

“La Casaleggio srl? Qui ascoltiamo tutti, ma facciamo da soli”
Non so cucinare, non sono pigra, non sono disonesta, non seguo uno spartito, non sono moralista, non sono populista”.
È figlia di papà.
La mia famiglia è benestante, questo è vero, ma ho sempre preteso di far da sola, di riuscire col mio talento.
Anche suo marito è benestante.
È la verità.
Vive nella Torino bene.
Non esageri adesso. Circoscrizione 4, ai confini del centro. E mi sono laureata alla Bocconi.
E l’ha ingaggiata la Juve, un noto potere debole qui.
Ho fatto la tesi di laurea nella valutazione economica del parco giocatori. Non ci sono andata per caso. Comunque non lavoro più lì.
È ricca e parla sempre dei poveri.
Adriano Olivetti divideva il mondo tra progressisti e conservatori. Io mi sento progressista. Se parlo dei poveri è perché Torino è una città povera con al centro una ricca. Torino è come un coperchio: il bello copre il brutto. Io voglio ripulire il brutto, sostenere chi non ce la fa e aiutare il bello a espandersi. Ci sono centomila persone che stentano ad arrivare a fine mese.
Quanti abitanti fa Torino?
Sfioravamo un milione, siamo 870 mila. Per la prima volta, a dimostrare una crisi senza precedenti, anche la popolazione extracomunitaria è scesa di 15 mila unità.
Lei è pignola.
Sì, e la considero una virtù. Mi applico, studio, leggo, contesto se c’è da contestare, offro un’alternativa, propongo una soluzione. Il fatto è che questa corte dei miracoli ha dissanguato le casse comunali. Eventi piccoli e grandi, tutti nel cerchio magico della cintura benestante. Soldi finanziati con mutui, soldi raccolti attraverso gli spericolati derivati, strumenti finanziari che hanno assassinato le casse pubbliche. Un buco enorme che la città paga oltre le sue possibilità. È un’ingiustizia.
Torino è più bella.
Vada nelle periferie e vedrà.
Restauri realizzati, opere completate.
Siamo in piazza Carignano: si può negare che sia bella? Contestiamo il volume dei soldi, l’itinerario seguito, le persone chiamate a gestirli, gli stessi di sempre, quelli che ne hanno goduto e il confine entro il quale sono stati spesi.
Giovanna d’Arco a Turin
Fassino mi dà della moralista solo perché tengo molto all’etica pubblica. Curioso.
Fassino si è spazientito un giorno e le ha detto: quando si siederà su questa sedia...
L’abbiamo inteso come un segno di buon augurio. Fu lui a dire a Grillo: se vuoi contare fatti un partito. Grillo seguì il consiglio e bisognerebbe persino ringraziarlo. Quella era la prima profezia, questa sarà la seconda. Porta bene.
Ha 31 anni e già vuol fare il sindaco.
È una scelta condivisa dal Movimento.
La chiamano dalla Casaleggio?
Qui facciamo da soli. Confronto e disponibilità all’ascolto verso tutti, ma facciamo da soli. Abbiamo le forze, le intelligenze, le risorse come si dice.
I suoi assessori li sceglie attraverso i famosi curricula.
Li scelgo attraverso le competenze.
E naturalmente devono essere immacolati.
Neanche una multa pendente.
E via al primo avviso di garanzia.
Se arriva l’avviso ci sediamo a un tavolo, leggiamo, capiamo. Prima discutiamo e poi decidiamo.
Questa è nuova.
A Torino si farà così.
A Roma sembrava di no. Dopo Livorno non saprei dirle.
Noi siamo a Torino e lei sta parlando di me, nel caso io faccia il sindaco.
Secondo me perderà. Fassino è più forte, dai...
Chi glielo dice?
Non sarà un disastro nel caso non vincesse. Avrà tempo per rifarsi.
Io punto a vincere. Penso - lei non me ne voglia - che sia meglio vincere.
Quanti soldi ha speso per la campagna elettorale?
Neanche un euro.
Braccino corto.
Abbiamo fatto una raccolta di fondi, venduto panettoni a Natale. In tutto, la campagna costerà 40 mila euro.
Umile.
Onesti.
Le periferie, gli ultimi, ma anche un bel confronto con Cirino Pomicino all’unione industriali.
Si deve parlare con tutti, far capire il nostro programma, spiegarlo, illustrarlo. E pensiamo che gli elettori non sono numeri ma persone e noi, uno a uno, faremo in modo che capiscano quel che vogliamo fare. Senza distinzione di ceto.
È mamma da tre mesi e non si ferma un attimo. Ha il fisico del politico professionista.
Ringrazio la mia famiglia che assolve ai compiti ai quali dovrei far fronte. È soprattutto merito di mio marito se posso permettermi di fare campagna elettorale.
Prende un aperitivo?
Un bicchiere d’acqua volentieri, ho da fare le poppate.
Non cucina.
Fa tutto Marco.
Lo ha fatto tribolare persino in viaggio di nozze.
Ma scherza? Siamo stati a Sokotra, un’isola yemenita. Avventura, spiagge da leggenda, luoghi primitivi.
L’isola dei pirati?
Esatto.
Lei ama il rischio.
La noia no.
Secondo me però arriva al ballottaggio.
Tutto qua? Dovrei esultare?
Il F.Q. del 11 maggio 2016 - pag. 7

martedì 10 maggio 2016

“Ecco la nuova Costituzione” Il libro che fa infuriare i prof

Segnalazione urgente: la casa editrice Simone, nella linea Simone per la scuola, ha pubblicato un compendio che spiega ai ragazzi come sarà la Costituzione riformata, quella post referendaria. Così, come se la cosa fosse già fatta, senza tener conto del referendum di ottobre e di quale sarà il suo esito. L’allarme sui social network è circolato rapidamente: si parlava di una diffusione gratuita, di una distribuzione propagandistica per il Sì, di una lettura forzata negli istituti. Esagerazioni, certo. Nelle scuole ancora non c'è traccia di questo volume dal titolo La nuova Costituzione spiegata ai ragazzi e nessuno sta costringendo nessuno a comprarlo. Però, sul web è in vendita. Ed è già nelle mani dei rappresentanti di libri che in questi giorni vanno di scuola in scuola per convincere i docenti ad adottare, per il prossimo anno scolastico, i libri che promuovono. Il volume ha 162 pagine, è un susseguirsi di analisi e commenti degli articoli della Costituzione italiana. Fino allo scorso anno il titolo del libro era La Costituzione spiegata ai ragazzi, prima ancora c'era La Costituzione esplicata. Quest'anno è stata aggiunta la parola “nuova” perché la seconda parte della Carta viene commentata alla luce della riforma costituzionale, assumendone quindi l'entrata in vigore e dimenticandosi del referendum di ottobre che potrebbe avere anche esito negativo. Tanto che riquadri aggiuntivi, in cima, riportano la frase “Come sarà”.
L’ALLARME può essere giustificato: “La novità della presente edizione –si legge nella presentazione e su ogni sito che lo vende – è una prima introduzione, con opportuni box in calce ai singoli articoli, al testo della revisione della Parte II della Costituzione”. Il superamento del bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato in un’assemblea di rappresentanti delle istituzioni territoriali, la nuova disciplina per il Titolo V con la cancellazione delle province, la ridefinizione delle competenze delle Regioni: c'è tutto. “Il testo – si legge – costituisce un valido strumento didattico e favorisce un primo approccio con la ‘rivoluzione’ che l’anno prossimo probabilmente investirà il nostro ordinamento costituzionale”. Rivoluzione. Al telefono risponde Federico Del Giudice, 70 anni, autore del volume e docente universitario in pensione che ha insegnato diritto pubblico comparato all'Università Orientale di Napoli. Dimentica di dire che è anche il socio di maggioranza – con il 93 per cento delle azioni – della casa editrice napoletana (gli altri quattro soci sono tutti suoi parenti) famosa per i manuali giuridici-economici e per i compendi per l'università e la preparazione a concorsi di ogni tipo. “C'è scritto la nuova Costituzione? – dice sorpreso –. Spero proprio che non ci sia il mio nome su una cosa del genere”. Verificato che invece il suo nome c’è, chiede di aspettare. “Cerco di capire quale testa deve cadere”, poi riaggancia. Richiamerà nel pomeriggio per spiegare il malinteso: “È stato causato dal redattore della sezione scolastica. Sa, le esigenze di marketing portano a mettere titoli che possano invogliare i docenti a decidere di adottare il volume. La parola nuovo attrae sempre. E qui hanno pensato di farlo così”. Poi si dissocia. Dice che non ne sapeva nulla, che è stata un’iniziativa del settore che si occupa della scolastica. “Sicura - mente la titolazione è impropria e fuorviante: ne faccio ammenda – dice, difendendo però l’autonomia della scelta –. Il volumetto non ha, per motivi didattici e adozionali, alcuna pretesa critica sui contenuti della riforma, ma si limita a illustrare i valori dell’attuale Costituzione e quello che potrebbe succedere se la riforma fosse approvata”. Poi, però, si infiamma, si definisce un “an - ti-sistema”, i suoi discorsi sono tutti in difesa della Carta e della democrazia. Ripete spesso le parole “premier, amici del premier, distruzione della Costituzione, parla dell'importanza della democrazia popolare”. Dice che sarebbe bastato sfogliare i suoi numerosi scritti per comprendere la sua posizione come costituzionalista e strenuo difensore dei valori della Repubblica: “Mi sono più volte espresso in maniera critica verso una riforma che penalizza fortemente la centralità del Parlamento, avviando quella che con un neologismo è definita una dittatura della maggioranza”.
BISOGNERÀ vedere se questa spiegazione placherà le critiche: “Sarebbe bastato aggiungere delle note a margine, come stanno già facendo molti libri di testo - spiega al Fatto Marina Fassina, che insegna diritto nelle scuole superiori - e magari non scegliere quel titolo”. I professori sanno che l’intenzione era battere sul tempo gli altri editori. “La casa editrice è intervenuta a gamba tesa nel bel mezzo della campagna referendaria, dando per scontata la vittoria del Sì – scrive Caterina Abbate –. Mi auguro che i docenti non cadano nella trappola e non adottino il testo. E, soprattutto, mi auguro la vittoria del No. Così il libro della Simone andrà al macero”. A noi, intanto, del Giudice lo ha promesso: lo ritirerà oggi stesso. Vedremo.
Il F.Q. del 10 maggio 2016 – pag. 4

IL GIOCO SPORCO DI GOVERNO E PD


Le istituzioni zittiscono i giudici del No invocando regole di correttezza che sono le prime a violare
Che sarebbe stata una sfida difficile, quella di vincere il referendum costituzionale e la battaglia contro l’Italicum, lo sapevamo benissimo. Conosciamo la sproporzione dei mezzi di comunicazione e la difficoltà di spiegare a un Paese oppresso da problemi di sopravvivenza l’importanza di non cedere su alcuni diritti fondamentali. Ma forse non avevamo previsto fino a che punto il governo avrebbe giocato sporco, con metodi poco dignitosi e scorretti. Il metodo è lo stesso adottato nella discussione in Parlamento: procedere a testa bassa, senza ascoltare le ragioni degli altri, insultandoli appena possibile. Ma il gioco sporco rivela anche i nuovi timori del governo che, per la prima volta da quando ha deciso di giocarsi tutto sulle regole della democrazia, non è più tanto sicuro di stravincere il plebiscito. Hanno cominciato Matteo Renzi e il Pd toscano il 2 maggio invitando al teatro Niccolini di Firenze il partigiano Silvano Sarti, decano dei partigiani fiorentini, spacciando la sua presenza e le sue poche parole per un’adesione al Sì. Sarti ha capito e ha dovuto indire una conferenza stampa per precisare: “La mia presenza al Niccolini è stata strumentalizzata, non ne avevo avvertito la pericolosità, spero e farò di tutto perché non accada piu, chiedo scusa ai compagni e alle compagne se è passato un altro tipo di messaggio: la mia posizione è un convinto No. Noi partigiani siamo la coscienza critica della democrazia e difenderemo sempre la nostra Costituzione”. Bravo Sarti: ci hanno provato, gli è andata male. Renzi gioca sporco a ogni ora del giorno, approfittando degli spazi riservati al governo dai mezzi di comunicazione, senza che mai il giornalista di turno balbetti due paroline per ricordare che manca il contraddittorio. Qualunque sia il contesto, non manca mai l’appello al Sì nel Decisivo Appuntamento di ottobre. Poi però il governo e il Pd protestano se qualche magistrato osa esprimersi per il No. Non devono parlare, sono cittadini senza diritti. Zitti stiano, semmai aiùtino il Sì. Le istituzioni invocano regole che non rispettano. Parla addirittura il presidente Mattarella, e non in Italia, ma dagli Usa, per dire che voterà Sì. E lo fa capire Giuliano Amato, giudice costituzionale: lui che dagli anni della “Grande Riforma” di Craxi non vede l’ora di mettere le mani sul Parlamento, rendendolo un po’meno autonomo e un po’ più suddito. Renzi annuncia che la sua Costituzione sarà spiegata nelle scuole: i nostri giovani, a cui nessuno ha insegnato la Costituzione del ’48, impareranno quella di Renzi-Boschi-Verdini. Ce lo siamo meritati, non avendo fatto abbastanza per imporre nei licei lo studio di quella splendida pagina della nostra storia, come in tutto il mondo civile. Il potere gioca sporco: la Boschi va a Perugia per lanciare la campagna del Sì, viene contestata da sparuti gruppetti di leghisti e di Casa Pound, mentre pochi aderenti al Comitato del No distribuiscono volantini. E si permette di dire: “Fa un po’ strano che nel fronte contrario alle riforme costituzionali ci siano anche pezzi della sinistra che incarnano certi valori a difesa della Carta e votano insieme a Casa Pound al referendum”. Una “vergognosa grossolanità che dà un’idea del tono con cui i vertici del governo e del Pd intendono condurre la campagna referendaria”, ha commentato Mauro Volpi del Comitato del No. Ora circola con insistenza una voce: il governo ha pronto un manifesto di Berlinguer che dice qualcosa sul monocameralismo (nei tempi della legge elettorale proporzionale!), da distribuire in tutta Italia, totalmente fuori contesto. Il potere gioca sporco e sarà un crescendo fino a ottobre. Un’altra ragione, se non bastassero quelle che già abbiamo, per votare No e lavorare con la determinazione e l’onestà di cui siamo capaci nei momenti decisivi della nostra storia.
Il F.Q. del 10 maggio 2016 – pag. 4

Ma nel M5S respirano: “Bene il primo test nelle urne”

È stato solo un primo test, però vale già un sospiro di sollievo: “A Bolzano abbiamo preso sei consiglieri, l’effetto Nogarin nelle urne non c’è stato”. Pensano positivo dentro i Cinque Stelle. Però sperano che il caso del sindaco di Livorno sparisca presto dai titoli. Perché è vero, vertici e parlamentari stanno dalla parte dell’ingegnere, e anche la base pare in grande maggioranza con Nogarin, a leggere il web. Tuttavia, meglio non esporsi troppo, perché c’è un’indagine aperta e sui motivi dell’avviso di garanzia non ci sono certezze. Se Nogarin fosse effettivamente indagato per l’assunzione di 33 precari della municipalizzata dei rifiuti, “benedetta” dai vertici, il M5S rimarrebbe con lui. Ma se spuntassero altri elementi, il quadro potrebbe mutare. Soprattutto sotto campagna elettorale. Quindi si rimane sulla linea annunciata dallo stesso sindaco sabato: “Nogarin si dovrà dimettere se emergesse dagli atti della procura una condotta contraria alla legge ma, ancora prima, ai principi del M5S”. E proprio il riferirsi ai princìpi del M5S prima che alla legge ordinaria è la possibile crepa su cui insiste il Pd. “Relegano la legge italiana in secondo piano” accusano i dem. E qualcosa smuovono, perché il M5S replica con un post di Di Maio (in trasferta a Parigi, ma consultato da Roma): “Renzi ha ammesso che nel Pd c’è una questione morale, ma qualcosa non torna se poi il Pd stesso ci accusa M5S di far prevalere i nostri codici di autoregolamentazione. Non era ciò che intendeva dire chi per primo denunciò la questione morale, Enrico Berlinguer?”. Chiara la mossa, ritorcere ancora contro gli ex rossi il loro totem. Su Aamps invece risponde il capogruppo a Livorno, Alessio Batini, con l’intento di mostrare un gruppo locale compatto attorno a Nogarin. Perché è lì che si potrebbe spostare la linea del fuoco dem, sulle possibili tensioni tra i consiglieri. Da Roma lo sanno. E monitorano, tifando silenzio.
Il F.Q. del 10 maggio 2016 – pag. 7

sabato 7 maggio 2016

#5giornia5stelle del 6 Maggio 2016 - #lacartadellonestà

Continua la raffica di arresti tra i politici del PD, e si avvia a superare ormai la media di uno al giorno. E’ passata da un pezzo l’ora di una legge contro la corruzione, per questo il M5S ha presentato in Parlamento la sua Carta dell’Onestà: come spiega Alessandro Di Battista, la corruzione toglie risorse al lavoro ed alle imprese. E’ giusto quindi applicare una Daspo non solo ai politici corrotti, ma anche alle aziende che praticano la corruzione a svantaggio della concorrenza onesta.
In Aula alla Camera arriva Renzi. Il nostro capogruppo Michele Dell’Orco ne approfitta per chiedergli, per l’ennesima volta,chi sono i finanziatori del suo partito visto che il governo approva solo leggi a favore di petrolieri e banchieri. La risposta di Renzi? Minaccia di fare causa al M5S che ha osato l’oltraggiosa domanda. Carlo Sibilia ribadisce che Renzi non ha fatto leggi a favore dei cittadini perché costoro non hanno ormai più nulla da dare.
Da Bruxelles, la nostra portavoce Tiziana Beghin ci racconta delle clamorose rivelazioni a seguito dei leaks sul TTIP, il Trattato Transatlantico tra Europa e Usa. Nel testo è scritto nero su bianco che gli Stati Uniti puntano a favorire le loro esportazioni a svantaggio delle nostre, in particolare per quello che riguarda agricoltura e prodotti alimentari. Il rischio concreto è quello di un’invasione di prodotti OGM e ormoni e dell’abolizione del marchio DOP. Riccardo Fraccaro, alla Camera, invita i cittadini a partecipare alla manifestazione contro il TTIP che si terrà sabato 7 maggio a Roma.
Tiziana Ciprini e Claudio Cominardi, della Commissione Lavoro alla Camera, sono stati in visita ad una delle nuove bellissime realtà che si stanno diffondendo in Italia: aziende decotte e destinate alla chiusura che vengono rilevate dagli operai costituiti in cooperativa e riportate in produzione. Tiziana e Claudio intervistano gli operai e si fanno raccontare.
Al Senato, Enrico Cappelletti interviene sulla legge per contrastare il fenomeno del negazionismo storico. La legge è importante, ma noi crediamo che in primo luogo occorra un cambiamento culturale.
Il consumo di suolo arriva ancora in aula alla Camera, una legge che è stata stravolta dalla maggioranza al punto da diventare quasi un aiuto ai cementisti. Il nostro Massimiliano Bernini sottolinea come in Italia ormai il consumo di terreno agricolo abbia raggiunto livelli insostenibili, e come la cementificazione non rappresenti solo un danno ambientale ma ci esponga anche ad un grave rischio sull’approvvigionamento alimentare.
Per finire, buone notizie da Bruxelles sulla questione TAV. Il M5S, ci racconta Marco Valli, è riuscito a portare in Parlamento e a far approvare una proposta che impone trasparenza sui finanziamenti al TAV. Daniela Aiuto riferisce che ufficialmente le informazioni sui finanziamenti non sono rese disponibili “per non turbare l’ordine pubblico”. In realtà, abbiamo scoperto che esiste un veto di Italia e Francia per non far sapere la verità ai cittadini. Il M5S non demorde: come sempre, vogliamo risposte.


giovedì 5 maggio 2016

M5S Roma, guerra per il vice La Raggi sceglie il fedelissimo

Gli allora Consiglieri Raggi - De Vito e Frongia
La candidata M5S e il ticket con Frongia: salta “l’accordo” con il secondo classificato
La battaglia campale, la presa di Roma, impone understatement. E Marcello De Vito, in queste settimane, sta dando prova di incredibile autocontrollo. È uno dei quattro ex consiglieri comunali del M5S in Campidoglio: quello sconfitto da Virginia Raggi nella corsa online per la candidatura a sindaco. Già volto dei grillini alle amministrative di tre anni fa, De Vito contava di fare il bis nel 2016. Invece le comunarie di Roma hanno deciso per la telegenica (copyright Silvio Berlusconi) avvocatessa, mesi fa “benedetta” anche dalla casa madre di Milano, la Casaleggio Associati.
Ma a Roma tutti sanno che il verdetto del web a De Vito e al suo sponsor, la deputata Roberta Lombardi, non è mai andato giù. E infatti dal voto di febbraio entrambi si sono trincerati dietro un silenzio pressoché totale. Rumoroso soprattutto nel caso di Lombardi, che prima della votazione sfornava un comunicato al giorno su Roma. La deputata, si dice da settimane, è ai ferri corti con Raggi. Un gelo che Davide Casaleggio, il figlio dello scomparso Gianroberto, ha cercato di attenuare convocando a Milano la candidata sindaco, lo scorso 18 aprile. “Devi far lavorare anche Roberta sui territori”, le ha chiesto il figlio del guru. La mediazione è servita a ben poco: la Raggi va avanti dritta e ormai è certo che, se dovesse vincere, il suo vice non sarà De Vito. Prima delle comunarie, un tacito accordo tra le fazioni in campo stabiliva che allo sconfitto sarebbe stato riservato il ruolo da numero due. Soluzione invocata anche da Alessandro Di Battista, il primo sponsor della Raggi, in un’assemblea dei portavoce M5S romani: “Proponiamo che il vincitore nomini il secondo in graduatoria come vicesindaco”. Lei aveva subito svicolato (“Vedremo”) nonostante avesse battuto il suo sfidante per soli 88 voti di scarto. La casella di vicesindaco, infatti, ha già un favoritissimo: Daniele Frongia, anche lui ex consigliere comunale. Al primo turno web conquistò 935 voti (la Raggi superò i 1500) ma inspiegabilmente decise di ritirare la sua candidatura a sindaco, rimanendo nella lista dei possibili consiglieri comunali. Eppure, da sempre, Frongia è considerato uno dei più preparati tra gli attivisti romani. Laurea in Statistica, ricercatore all’Istat, durante la giunta Marino è stato presidente della commissione di Revisione della Spesa. Nemmeno lui uscì indenne dalla guerra di dossier che si consumò alla vigilia del voto della Rete. Sentì parlare di “parenti con problemi giudiziari” e si autodenunciò: “Mio fratello ha commesso un errore legato alla marijuana”. Ora per molti attivisti il “sacrificio” di febbraio assume un significato diverso. Se non dovesse andare in porto l’ipotesi di vicesindaco, infatti, è pronto un ruolo da capo di gabinetto, altrettanto centrale nella squadra di governo. Della partita sarà sicuramente anche Salvatore Romeo, funzionario del Comune di Roma, che per alcuni è l’ipotesi b proprio per il ruolo di vice.
La prima opzione rimane Frongia, che in questi mesi, ha scritto un libro (E io pago, con Laura Maragnani per Chiare lettere). Un testo che è praticamente il programma economico della prossima consiliatura. Sprechi, tagli, investimenti: Frongia usa l’esperienza dei due anni e mezzo in Campidoglio per spiegare come far cambiare passo alla Capitale. Una “lezione”, tanto che Frongia sta tenendo un ciclo di incontri con i candidati per illustrare i “margini di risparmio” del prossimo bilancio comunale. Nei meet up cittadini il ticket con la Raggi è pubblico e acclarato. Ma ciò non placa i malumori, già forti per il programma elettorale. Perché le idee elaborate nei tavoli di lavoro tematici sembrano aver trovato poco spazio nelle bozze di programma in circolazione. “Virginia va troppo per conto proprio”, sussurrano molti parlamentari romani, che tengono continue riunioni sulla campagna per il Campidoglio. Oggi la candidata presenterà le sue ricette su mobilità e trasporti in Senato. Da protagonista, che rischia di rimanere troppo sola.
Il F.Q. del 5 maggio 2016 – pag. 8

E vissero felici e immuni. Ecco il Senato “alla Boschi”

Consiglieri regionali, governatori e sindaci. Tra loro, secondo la riforma Boschi, saranno scelti i senatori. L’unico modo per impedirlo è il No al referendum di ottobre.
PIEMONTE - Il consigliere Daniele Valle (Pd) ha patteggiato sei mesi per le liste elettorali irregolari. Giovanni Corgnati è imputato con il sindaco di Vercelli, Maura Forte (Pd), per falso ideologico.
LOMBARDIA - Il governatore Roberto Maroni (Lega) è imputato per presunte pressioni in favore di due collaboratrici per un viaggio a Tokyo a spese di Expo. Il consigliere Mario Mantovani (Forza Italia) è indagato per corruzione e altri reati legati alla Sanità. Sempre la Sanità ha portato in carcere il leghista Fabio Rizzi (sospeso dal Consiglio). Tra i rinviati a giudizio per spese pazze: Raffaele Cattaneo e Alessandro Colucci (Ncd), Stefano Galli, Massimiliano Romeo e Angelo Ciocca (Lega nord), Luca Gaffuri (Pd), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati). Luca Daniel Ferrazzi (Maroni presidente) è a processo per consulenze fantasma. Arrestato il sindaco di Lodi Simone Uggetti (Pd) per turbativa d’asta, a Como Mario Lucini (Pd) è indagato per le paratie sul lungolago.
LIGURIA - Rinviati a giudizio per spese pazze i consiglieri leghisti Edoardo Rixi e Francesco Bruzzone, nonché Matteo Rosso (Fd’I). Per l’alluvione 2014 Raffaella Paita ha ottenuto l’abbreviato. Nell’inchiesta sulla centrale di Vado Ligure sono indagati: Paita, Pippo Rossetti, Giovanni Barbagallo (centrosinistra) e Angelo Vaccarezza (centrodestra).
EMILIA ROMAGNA - Rimborsi gruppi in Regione: Galeazzo Bignami ed Enrico Aimi (FI) indagati per peculato. A Bologna il sindaco Virginio Merola (Pd) indagato per omissione d’atti d’ufficio per uno sgombero non fatto. Il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi (Pd) indagato per associazione a delinquere e truffa nel caso Aeradria.
TOSCANA - Il sindaco di Siena, Bruno Valentini, è indagato per concorso in falso e omessa denuncia.
UMBRIA - Il vicegovernatore Fabio Paparelli sta affrontando un processo per abuso d’ufficio. Il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo è indagato nell’inchiesta sulla discarica di Vocabolo Valle.
MARCHE - Per le spese pazze sono indagati gli attuali consiglieri dem Gianluca Busilacchi, Enzo Giancarli, Gino Traversini e Angelo Sciapichetti. Indagato anche l’assessore Moreno Pieroni, eletto con “Uniti per le marche”. Indagati Luca Marconi dell’Udc e Mirco Carloni di Ap. Nel processo per le spese pazze è indagato il sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli.
LAZIO - Il consigliere Mario Abbruzzese (Forza Italia) è indagato per le spese pazze. Michele Baldi (Zingaretti) è a processo a Perugia per firme false alle regionali 2010. Marco Vincenzi (Pd) è accusato di aver favorito finanziamenti alle coop di Salvatore Buzzi. Giancarlo Righini (FdI) è stato condannato in primo grado a 4 anni per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta. Francesco Storace condannato a sei mesi in primo grado per vilipendio al capo dello Stato (Napolitano). Il sindaco di Latina, Giovanni Di Giorgi (Fdi) rischia il processo per corruzione. Simone Petrangeli (Sel), sindaco di Rieti, è indagato per concorso in falso e turbativa d’asta.
MOLISE - Il consigliere Massimiliano Scarabeo (Pd) è indagato per truffa e frode fiscale.
PUGLIA - Il consigliere Michele Mazzarano è rinviato a giudizio per finanziamento illecito ai partiti. Donato Pentassuglia è imputato nel processo sull’Ilva con l’accusa di favoreggiamento. Fabiano Amati è condannato in appello a sei mesi per tentato abuso d’ufficio ed Ernesto Abaterusso condannato in primo grado ad un anno e sei mesi per truffa all’Inps. Mauro Vizzino è accusato di aver intascato 1.192 euro di ticket per prestazioni sanitarie mai eseguite.
BASILICATA - Il governatore Marcello Pittella (Pd) è indagato per corruzione elettorale; è rinviato a giudizio per i rimborsi come i consiglieri Paolo Castelluccio e Michele Napoli (Fi), Franco Mollica (Udc), Nicola Benedetto (Cd).
CAMPANIA - Luigi Bosco (De Luca) è indagato per turbativa d’asta. Il governatore Vincenzo De Luca è rinviato a giudizio per abuso d’ufficio. La consigliera Maria Grazia Di Scala (Forza Italia) è indagata ed è stata raggiunta nei mesi scorsi da un provvedimento cautelare per una vicenda di pressioni al titolare di un albergo di Ischia. Aniello Fiore (Campania Libera) è a giudizio per il Crescent e indagato per piazza della Libertà. Alberico Gambino (Fd’I) è condannato in primo grado per concussione. Carlo Iannace (De Luca) è condannato in primo grado a sei anni: da chirurgo avrebbe truccato cartelle cliniche per camuffare interventi estetici. Vincenzo Maraio (Psi) è indagato per Crescent e piazza della Libertà. Tra i rinviati a giudizio per Rimborsopoli: Nicola Marrazzo (Pd) e Carmine Mocerino (Caldoro Presidente). Pasquale Sommese (Ncd) è indagato per turbativa d’asta con l’aggravante del metodo mafioso.
CALABRIA - Rimborsopoli vede coinvolti i consiglieri Carlo Guccione (candidato a sindaco di Cosenza), Vincenzo Ciconte e Antonio Scalzo (Pd). Scalzo è stato rinviato a giudizio nel processo sull’Arpacal assieme a Giuseppe Graziano. Pino Gentile (Ncd, fratello del sottosegretario Tonino) è indagato nel l’inchiesta sull’edilizia sociale cosentina, mentre Orlandino Greco (Partito democratico) è indagato per corruzione elettorale e voto di scambio politico-mafioso. Il consigliere Michelangelo Mirabello è stato rinviato a giudizio per concorso in bancarotta. Mimmo Tallini (Forza Italia) è indagato nell’inchiesta Multopoli, in cui è coinvolto anche il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo.
SICILIA - Il consigliere Mario Alloro (Pd), Paolo Ruggirello, Santi Formica, Baldo Gucciardi, sono accusati di abuso di ufficio. Francesco Cascio (Ncd) è indagato per voto di scambio politico mafioso, e Salvatore Cascio è indagato per le visite in carcere a Totò Cuffaro. Nino Dina e Roberto Clemente sono finiti ai domiciliari per voto di scambio politico mafioso. Federico Pino è indagato per voto di scambio. Giuseppe Picciolo è indagato per simulazione di reato. Giovanni Di Mauro per omissione di atti d’ufficio. Nino D’Asero (Ncd) per le promozioni facili al Comune di Catania. Per i corsi d’oro della formazione professionale a Messina è imputato il consigliere Francesco Rinaldi, insieme al cognato Fracantonio Genovese (Fi). Giovanni Lo Sciuto è indagato per truffa. A Pippo Nicotra la Finanza ha sequestrato beni per 90mila euro nell’ambito di una truffa ai danni dello Stato. Marcello Greco è a giudizio per truffa e falso. Gaetano Cani è indagato per estorsione e ricettazione. Giuseppe Laccoto per falso e abuso di ufficio. Filippo Panarello, Bruno Marziano, Salvatore Lentini sono indagati per le spese pazze in Regione.
SARDEGNA - Giovanni Satta (Uds), accusato di traffico di droga, ha fatto il suo ingresso in Consiglio ieri. Satta ha condiviso la cella con il vice presidente del Consiglio Antonello Peru (Fi), arrestato per presunte tangenti. Indagati il presidente del Consiglio Gianfranco Ganau (Pd, per la realizzazione di un centro commerciale), i consiglieri Roberto Deriu (Pd, per l’alluvione) e Ugo Cappellacci (Fi, vicenda P3). Spese pazze: Franco Sabatini e Gavino Manca (Pd), Oscar Cherchi e Alberto Randazzo (Fi), Mario Floris (Uds), Giorgio Oppi e Christian Solinas (Psd’az).
Il F.Q. del 5 maggio 2016 – pag. 4

lunedì 2 maggio 2016

#5giornia5stelle del 29 Aprile 2016 - #spystory

A Genova, pochi giorni fa, un nuovo disastro “fossile”. Il petrolio sfuggito da un oleodotto inquina il fiume e arriva al mare, creando una chiazza di dieci chilometri. Alice Salvatore, portavoce in Regione Liguria, ci mostra le zone colpite mentre i parlamentari Alberto Zolezzi e Carlo Martelli raccontano cosa c’è dietro al business locale degli impianti petroliferi.
Matteo Mantero ricorda le proposte del M5S per superare la dipendenza dal fossile, e infine Alessandro Di Battista e Davide Crippa parlano in piazza ai cittadini: dobbiamo riuscire a superare il modello di sviluppo basato sul fossile, ma possiamo farlo solo tutti insieme.
Intanto il DEF arriva nelle aule parlamentari. Laura Castelli e Barbara Lezzi denunciano come il contenuto reale sia molto diverso dalla propaganda televisiva, dove il governo non fa che dipingere come rosea una situazione economica che è invece drammatica per il Paese. Per questo il M5S vota No al documento.
Da Bruxelles, Laura Ferrara ci porta una buona notizia: è stata una settimana importante, in cui il Parlamento Europeo ha approvato unarelazione M5S sulla trasparenza costruita passo passo dai portavoce insieme a tantissimi cittadini, sulla piattaforma Rousseau. Finalmente in Europa avremo più trasparenza durante i negoziati e nei trattati, un registro per tenere traccia dei lobbisti, la tutela dei whistleblowers. Insomma: basta porte chiuse!
Continuano gli scandali che vedono il PD indiscusso protagonista. In aula al senato Nunzia Catalfo denuncia i fatti di Caserta: corruzione, scambio voti, concorso esterno, turbativa d’asta, appalti illeciti, la fedina penale del Partito Democratico si allunga sempre più. E tra gli esponenti indagati, addirittura il Presidente del PD in Campania. I cittadini devono sapere, e soprattutto il parlamento non faccia ancora orecchie da mercante sull’ennesimo scandalo del partito di maggioranza.
Spy story a Roma. Il nostro Angelo Tofalo, membro Copasir, ci racconta gli intrighi renziani di cui sono oggetto i servizi segreti: scelte delicatissime e poltrone importantissime che diventano oggetto di giochi di Palazzo. Renzi infatti si ostina a voler nominare a tali decisive posizioni il suo vecchio amico Carrai, quello diventato famoso perché gli prestava casa a Firenze. Anche se Carrai non ha un curriculum adatto, Renzi vuole conferirgli una poltrona di consulenza strapagata sulla cybersecurity. Siamo alla privatizzazione dei servizi segreti, e ai segreti del Paese consegnati a chissachi?
Continua la campagna per le amministrative, e i nostri candidati sindaco presentano i loro programmi ai cittadini. Questa settimana è toccato a Matteo Brambilla a Napoli e a Gianluca Corrado a Milano.
Infine, il M5S non dimentica lo scandalo dei derivati. Alessio Villarosa denuncia come tali azzardi finanziari abbiano fatto perdere all’Italia ben 22 miliardi solo negli ultimi 4 anni, mentre la procura nega ai parlamentari l’accesso alle informazioni relative a tali strumenti. Daniele Pesco chiede: i cittadini italiani hanno o no il diritto di sapere come sono stati usati i loro soldi, sperperati al tavolo della finanza speculativa dai partiti insieme alle banche d’affari?