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martedì 29 marzo 2016

Il sogno di Matteo non riesce a volare: lavori in stallo, ma l’Air Force intanto si paga

Disaccordo sulla registrazione dell’airbus: gli arabi non lo vogliono militare 
Riuscirà l’Air Force Renzi a volare prima che il governo se ne vada, nel 2018 a scadenza naturale del mandato o prima per un’eventuale crisi? Si accettano scommesse. Di sicuro l’aereo presidenziale che doveva essere l’emblema volante della nuova e dinamica era renziana, sembra perseguitato dalla nuvoletta della sfiga di fantozziana memoria.
Il gigantesco A340/500 della flotta Etihad, la compagnia araba che controlla Alitalia, dopo essere atterrato all’inizio di febbraio a Fiumicino proveniente da Abu Dhabi, in due mesi non si è mai mosso dall’hangar. E ogni giorno che passa, si allontana la data del primo volo. Intanto, però, corrono i quattrini per il leasing: circa 40 mila euro al giorno, come ha svelato Il Fatto. L’A340 di Renzi accumula problemi: la registrazione del velivolo, per esempio, passaggio fondamentale per poi procedere agli altri adempimenti, che sembrava una pura formalità sta diventando un ostacolo serio che a catena rallenta tutto il resto. Compresa la configurazione degli interni, una cosuccia che, semmai verrà fatta, secondo gli esperti costerà milioni di euro. A causa dei tempi inopinatamente lunghi che circondano la faccenda, è scaduto infatti il certificato all’esportazione e quindi anche la registrazione si è impantanata: le autorità italiane e gli arabi non si trovano d’accordo su come registrare l’Airbus. Etihad e i lessors dell’aereo - cioè i soggetti che hanno dato in locazione l’aereo stesso (banche, finanziarie etc..) - non vogliono che l’Air Force renziano sia catalogato come aereo militare. Perché una registrazione di quel tipo farebbe ipso facto perdere valore all’A340 e i proprietari non intendono rimetterci nell’ipotesi che il velivolo, rifilato all’Italia dopo che era stato scartato da Etihad perché considerato una macchina mangia-carburante, possa prima o poi essere riportato all’uso commerciale. A Fiumicino, intanto, i tecnici che lavorano intorno all’Airbus presidenziale, convinti che una soluzione sarebbe stata trovata trattandosi dell’aereo del premier, si erano portati avanti nel lavoro con l’intenzione di dare una fisionomia un po’ più italiana al velivolo. Avevano cancellato la marca sulla fiancata, che era A6-EHA, quella degli Emirati Arabi Uniti (Eau), con cui l’aereo era arrivato a Fiumicino. La nuova sigla apposta sull’aereo di Renzi era I-TALY. Si trattava di una scelta eccentrica perché tutti gli altri aerei della flotta di Stato sono targati MM, che è la marca con cui in Italia si identificato gli aerei militari. Ma l’abbandono della regola era imposto dal fatto che Renzi vuole che il suo A340 sia una cosa sui generis, circostanza che sta tra l’altro irritando parecchio i vertici dell’Aeronautica militare. I tecnici di Fiumicino, però, hanno dovuto buttare a mare il lavoro svolto e sotto l’occhio vigile di ispettori inviati apposta da Abu Dhabi sono stati costretti a rimarcare l’aereo con la vecchia targa A6-EHA. Nel frattempo gli stessi tecnici avevano provveduto a cambiare anche le scritte all’interno dell’aereo, sostituendo quelle in arabo e inglese con quelle in italiano e inglese. Ma anche questo lavoro è stato inutile, e pure in questo caso è stato necessario fare dietrofront riposizionando in bella vista le scritte arabe. Tutto ciò si ripercuote inevitabilmente sui tempi per un’eventuale riconfigurazione Vip dell’aereo, per i quali è praticamente impossibile azzardare previsioni.
Al momento, l’A340 renziano presenta la configurazione classica Etihad: first, business ed economy. Ma è chiaro che questo allestimento dovrà essere cambiato sulla falsariga degli interni degli altri jet della flotta di Stato, attrezzati con sale riunioni, docce, aree riservate alle scorte. Per un intervento del genere ci vorrebbe un progetto ad hoc che per ora nessuno ha provveduto a preparare. E ci vorrebbero soldi e anche un bel po’ di tempo: almeno un anno e mezzo di lavori.
Daniele Martini – Il Fatto Quotidiano – 29 marzo 2016 – pag.3

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