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domenica 28 febbraio 2016

Si fa presto a dire riforma - Il Senato è un rompicapo

L'Aula del Senato della Repubblica
I consigli regionali alle prese con il ddl, tra buchi e norme da interpretare
Facile parlare di nuovo Senato. Naturale pensare subito e solo a ottobre, quando sarà referendum sulla riforma, quello che Matteo Renzi ha già trasformato in un’ordalia, in un voto pro o contro il suo governo. Poi però quando le fanfare tacciono e le telecamere puntano altrove, emergono i problemi da risolvere, e anche in fretta. Spuntano le rogne, tutte per Regioni ed enti locali. Già, perché la riforma che prevede un Senato composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 personalità indicate dal presidente della Repubblica non è un pacchetto già pronto.
Va ancora definito un passaggio fondamentale: come verranno scelti i senatori prossimi venturi. Tradotto, le Regioni devono mettersi d’accordo su come interpretare l’articolo 39 del ddl, la norma transitoria, secondo cui i Consigli regionali scelgono i senatori votando liste apposite, in ordine di preferenze. Ma sarà solo una soluzione provvisoria. Entro sei mesi dall’approvazione della riforma, il Parlamento dovrà varare una legge che regolerà in via definitiva l’elezione degli inquilini di palazzo Madama, e che di fatto affiderà la scelta ai cittadini. Ma sulle modalità gli enti locali hanno molto da dire. E lavorano a una propria proposta, nella speranza che a Roma ne tengano conto. Suona complicato, e infatti lo è. “C’è tanto lavoro da fare” conferma Franco Iacop (Pd), presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, ma soprattutto coordinatore della Conferenza dei presidenti delle assemblee regionali e delle Province autonome. Un paio di settimane fa la Conferenza ha avviato a Roma un tavolo tecnico sulla riforma. “Per applicare la norma transitoria dovremo modificare con regole uguali i regolamenti dei venti Consigli regionali”. Lavoro delicatissimo, perché gran parte dei senatori in prima battuta verrà eletto proprio con le norme provvisorie. Lo raccontano le date: la riforma, se vinceranno i sì nel referendum, entrerà in vigore in autunno. Ma la legislatura, se Renzi regge (o non cede alla tentazione delle urne anticipate), finirà nella primavera 2018. E sarà allora che ogni Consiglio regionale indicherà i propri eletti nel nuovo Senato, scegliendoli al proprio interno, come prevede la transitoria. Perché invece si applichi la legge che delega la scelta ai cittadini, bisognerà attendere il rinnovo dei vari Consigli regionali. Nell’attesa, gli enti locali devono darsi dei paletti. Iacop spiega: “La norma transitoria prevede che ogni consigliere regionale voti una sola lista di candidati, formata da consiglieri e sindaci dei rispettivi territori. Ma ci sono tanti aspetti che l’articolo 39 non chiarisce. Innanzitutto, se ci debba essere un collegamento diretto tra le liste regionali e quelle per il Senato. Oppure le incompatibilità tra elezione in Senato e incarichi. E poi, come si concilia la scelta degli eletti a palazzo Madama con l’obbligo di parità di genere, previsto in tante leggi elettorali regionali?”. Sono solo alcuni dei nodi da sciogliere. E poi c’è la legge definitiva, quella che il Parlamento dovrà sfornare entro sei mesi dal varo della riforma (ossia entro aprile 2017, se Renzi vincerà il referendum).
La cornice c’è già, ed è prevista dall’articolo 2 della riforma, secondo cui i Consigli regionali eleggeranno i senatori “in conformità alle scelte espresse dagli elettori”, con “metodo proporzionale”. Tradotto, con la legge definitiva gli enti locali dovranno solo ratificare le scelte dei cittadini. Ma anche in questo caso, va chiarito il come. Per esempio, se gli elettori dovranno votare i senatori su liste separate, oppure su una stessa lista per Regione e Senato. O se i partiti potranno formare coalizioni per far eleggere il proprio senatore. E poi c’è un ulteriore enigma, che vale sia per la norma transitoria che per quella definitiva: quali sindaci mandare a Palazzo Madama. “Ci serve un confronto con il Parlamento e con i ministeri competenti, da quello delle Riforme a quello per gli Affari regionali, dobbiamo lavorare assieme” precisa Iacop. O forse invoca.
Luca De Carolis - Il Fatto Quotidiano – 28/2/2016 – pag. 6

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