Poteri Ieri duro confronto tra il premier e Minniti sul
ruolo di Carrai: non interferirà
Difesa, intelligence e sicurezza interna, tra nuove
strutture e nomine dei vertici. Si procede a passi felpati, ma con gli artigli
bene in vista. A far fibrillare il mondo che ruota attorno all’intelligence
italiana è la decisione di affidare a Marco Carrai, fedelissimo dal premier
Matteo Renzi, l’intero comparto della cyber security, per il quale il governo,
nella legge di Stabilità, ha stanziato già 150 milioni di euro.
Dopo le rivelazioni del nostro giornale, sono fioccate le
precisazioni (“l’ipotesi esiste, ma è ancora in fase di valutazioni”, fonte di
Palazzo Chigi), ma soprattutto è iniziato un silenzioso e duro confronto tra
vertici dell’intelligence, il sottosegretario con delega ai Servizi, Marco
Minniti, e Renzi. Riassumibile, al momento, in questo modo. Nessuno sa “se
sarà” e “cosa sarà” questa super struttura, l’unico dato certo è che non
interferirà con l’Aise, il nostro controspionaggio, e con l’Aisi, il servizio
interno. Su questo gli 007 hanno ricevuto rassicurazioni da Palazzo Chigi. Del
resto il coordinamento della cyber sicurezza non è in capo all’intelligence, ma
al Cisr, il Comitato interministeriale per la sicurezza. Un altro organismo che
certo non ha brillato in questi anni per efficienza. Ora tocca capire cosa
vorrà fare il premier, quale ruolo affidare a Carrai, ma soprattutto se tenere
per sé la responsabilità politica oppure se affidare a un nuovo sottosegretario
l’intera partita della cyber sicurezza. Intanto del “caso Carrai” si discuterà
in aula domani, quando Sinistra Italiana presenterà un’interrogazione alla
Camera. Ma le notizie di questi giorni sul fedelissimo di Renzi fanno
nuovamente accendere un faro sulle future nomine ai vertici di molti apparati
di sicurezza delle quali si parla ormai da mesi. A prescindere però dai
“papabili”, ciò di cui tutti hanno consapevolezza è che si tratta di nomine
governative, per cui in nessuno dei casi si può parlare di scelte già
confermate. La carta dell’ultima decisione spetta quindi al premier, per cui – come
è successo in altri casi – nessuno dà nulla per scontato.
Intanto ci sono ruoli ormai in scadenza. A partire proprio
dall’Aisi. Il direttore del servizio di intelligence interna, il generale dei
carabinieri Arturo Esposito ha già compiuto l’età pensionabile: al suo posto il
più papabile sembra essere l’ex comandante dei Ros, ora vice, Mario Parente. Il
generale infatti è molto ben visto dai suoi uomini e delle altre forze di
polizia soprattutto per il lavoro svolto al Ros in questi anni. Sempre tra gli
007, scadrà in estate anche il mandato quadriennale del direttore del Dis (il Dipartimento
delle informazioni per la sicurezza) Giampiero Massolo, ma per lui la pensione
è lontana e quindi si ipotizza un rinnovo. Anche in questo caso però l’ultima
parola spetta a Matteo Renzi. E nessuno esclude colpi di scena. Anche
Alessandro Pansa, l’attuale capo della polizia, raggiungerà l’età pensionabile:
il nome che circola con più insistenza da tempo è quello di Franco Gabrielli ,
che dopo una lunga carriera (dalla Digos all’Antiterrorismo passando poi per
l’ex Sisde) si è ritrovato a Roma come prefetto in una città dilaniata
dall’inchiesta Mafia Capitale e scossa dalla scelta di Renzi di liberarsi
dell’ex sindaco Marino. Più ipotesi invece si rincorrono per il comandante
generale della Guardia di Finanza. Al posto dell’attuale numero uno Saverio
Capolupo, ci potrebbe essere il generale di corpo d’Armata Giorgio Toschi,
l’uomo che prese il posto di Michele Adinolfi. O Vincenzo Delle Femmine, già
vicecapo di gabinetto dell’ex ministro Tremonti e attuale vice capo dell’Aisi.
Anche se – secondo indiscrezioni – la sua potrebbe essere una nomina per i
servizi interni e quindi se la potrebbe giocare con Parente stesso. Negli
ultimi mesi però sempre per la Finanze ci sono altri due nomi tra i papabili:
quello di Flavio Zanini, del Comando Interregionale Nord-Occidentale e quello
di Luciano Carta, alla guida dei reparti speciali. Insomma per la Finanza,
rispetto agli altri apparati, sembrano esserci limiti più labili. Ma su tutti
c’è una sola mano: quella di Matteo Renzi.
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