Maria Elena Boschi si è
mossa in conflitto di interessi sul caso Banca Etruria? Il deputato del
Movimento Cinque Stelle Alessandro Di Battista ha chiesto informazioni ieri,
l’Antitrust sta rispondendo oggi. La
risposta è no. Ma solo grazie al dispositivo della legge Frattini, voluta da
Berlusconi per sterilizzare il proprio conflitto di interessi. Boschi,
infatti, ha potuto giovare del meccanismo dell’uscita dalla stanza che
consente, secondo la Frattini, di non influenzare le decisioni. E comunque con qualche
dettaglio che può creare comunque imbarazzo al ministro delle Riforme.
L’Autorità guidata da
Giovanni Pitruzzella deve pronunciarsi sulla base della legge Frattini del 2004. Che fu fatta dal governo
Berlusconi, quindi non certo particolarmente stringente.
L’articolo 3 della Legge
Frattini stabilisce che c’è conflitto di interessi in capo a una carica di
governo quando il titolare di una carica di governo partecipa a un atto o
omette un atto che ha “Un’incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del
titolare (cioè del ministro, ndr) del coniuge, o dei parenti entro il secondo
grado” e, secondo requisito, “con danno per l’interesse pubblico”.
Gli atti a cui ha
partecipato la Boschi hanno queste caratteristiche. Il decreto 180 del 16
novembre, quello che recepisce la normativa europea sul bail-in, in particolare
l’articolo 35 comma 3 che stabilisce l’esercizio dell’azione di responsabilità
. Se c’è un danno, è il
commissario speciale della Banca d’Italia che deve attivarsi per chiedere
risarcimento. In questi giorni si è parlato di uno “scudo” per il padre
della Boschi, Pier Luigi, quando era vicepresidente della Popolare
dell’Etruria, anche se la norma è sostanzialmente identica a quella del testo
unico bancario relativa alle banche in liquidazione coatta amministrativa.
Sotto il primo profilo,
quello dell’incidenza specifica e preferenziale, si limita a specificare e
regolare le modalità in cui si fanno valere le responsabilità verso gli organi
amministrativi e di controllo. Quanto al requisito del danno, sempre ai sensi
dell’art. 5 del regolamento attuativo della legge Frattini, l’atto deve essere
idoneo “ad alterare il corretto funzionamento del mercato”. Questa circostanza,
secondo gli uffici dell’Antitrust, non si riscontra nel caso specifico.
Il
primo provvedimento sensibile è quello del gennaio 2015: la riforma delle banche popolari (misure
urgenti per il sistema bancario e gli investimenti) che diventano società per
azioni. L’Antitrust, sulla base delle informazioni trasmesse dalla presidenza
del Consiglio dei ministri, ha verificato che la Boschi non era presente alla
riunione del 20 gennaio, dove è stato deciso il decreto pubblicato sulla
gazzetta ufficiale quattro giorni dopo.
Se palazzo Chigi ha detto la
verità su quel Consiglio non spetta all’Antitrust stabilirlo.
Per quanto riguarda il
decreto del 22 novembre, il
famigerato decreto salva Banche, in base alle informazioni fornite dal
segretario generale della presidenza del Consiglio, la Boschi non ha
partecipato.
Poi c’è il decreto 180 del 16 novembre, quello
che recepisce nell’ordinamento italiano le norme europee sul bail-in. Il 10
settembre c’è una prima seduta del Consiglio dei ministri dove viene approvato
lo schema preliminare del decreto legislativo da inviare alle commissioni
parlamentari. A questa riunione, la Boschi risultava presente.
Non ha partecipato invece
alle sedute successive del 6 novembre e del 13 novembre in cui il provvedimento
legislativo fu prima esaminato nel merito e poi approvato in via definitiva. In base allo spirito della legge Frattini,
partecipare è il primo requisito per poter influire sulle decisioni e quindi
manifestare il conflitto di interesse.
Di Battista ha chiesto anche
se la Boschi, quando fu nominata ministro, compilò le dichiarazioni sul suo
patrimonio e dei famigliari: sono arrivate all’Antitrust nei tempi previsti il
21 maggio 2015, dopo richiesta del 3 aprile 2015. Ma qui c’è un dettaglio
rilevante: nella comunicazione all’Antitrust la Boschi non comunicò il possesso
delle azioni di Banca Etruria.
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