Sindaco smarcato dai poteri mafiosi. Ma può non bastare
Il Sindaco di Livorno Filippo Nogarin |
L’economia che arrivava dal mare ormai è un ricordo. Livorno
continua a essere uno dei porti più importanti del Mediterraneo, ma le
cooperative nate attorno al governo del porto continuano a dimenarsi tra le
crisi, il business delle crociere non basta, e soprattutto, se la politica del
Comune è in mano al giovane Filippo Nogarin dei 5 stelle, la città nei punti
chiave continua a essere monopolio del Pd: l’Autorità portuale, appunto, parla
quella lingua, lo stesso avviene alla Camera di commercio e alla Asl. E
soprattutto, la voce della regione porta il verbo di Enrico Rossi, ex sindaco
di Pontedera, ex comunista, ex antirenziano oggi diventato renzianissimo. Era
nei conti, Nogarin lo sapeva benissimo. Ma questo non basta.
Il Sindaco si è insediato in un malumore monocolore, quello
rossiccio del centrosinistra, con la promessa che non avrebbe mai ceduto alla
costruzione del nuovo Ospedale nella zona di Montenero, quartiere della città,
però il problema della sanità a Livorno rimane. Resta il dilemma di una
struttura, quella ospedaliera, costruita ai tempi del fascismo, perfetta
all’epoca ma oggi superata (ci sono ancora i padiglioni) e quasi impraticabile:
spesso da un reparto a un altro bisogna trasportare il paziente all’aperto. E
soprattutto i posti letto, 441, che sono pochi per un presidio che serve una
città di 160 mila abitanti, numero sempre al ribasso: negli ultimi dieci anni
Livorno - che era la seconda città della Toscana - ha dovuto cedere il posto a
Prato, in continua crescita, e non solo per l’immigrazione dei cinesi, ma
perché c’è un tessuto industriale che regge alla crisi. Il capitolo ospedale,
dunque, non è per niente chiuso. Poi c’è la polemica, nata e cresciuta nelle
ultime settimane, quando il sindaco si è trovato abbandonato dai suoi stessi
consiglieri che, insieme alle opposizioni, seppur con motivi diversi, gli hanno
bocciato il bilancio consolidato sperimentale, che comprende le aziende
partecipate. Motivo: mancavano i conti dell’Aamps, l’azienda più importante del
Comune e quella più sfasciata, che gestisce la raccolta rifiuti e la pulizia
delle strade. Finita al centro di inchieste giudiziarie per le passate gestioni
a marchio Pd, ma che il sindaco non ha risanato e si è trovato a gestire due
mesi fa, con una ricapitalizzazione da 2 milioni di euro. Come se non bastasse
sono aumentate anche le imposte: la Tasi del 40 per cento e la Tari del dieci.
Più o meno invariata l’Imu. Ma lontano dal diminuirle, come invece aveva
promesso.
Certo, la differenza in alcune questioni Nogarin l’ha fatta. Al contrario del suo
predecessore, Alessandro Cosimi, si è sempre mantenuto lontano dal potere
occulto che la massoneria esercita sulla città, non ha regalato aree pubbliche
a imprenditori, non ha fatto affari con persone come Andrea Bulgarella, l’uomo
del miracolo economico livornese, il “poeta del mattone”, come lo definirono a
più riprese i Ds, prima, e il Pd, poi. Bulgarella, oggi indagato per mafia, a
Livorno grazie al partitone fece una lunga serie di affari, a partire
dall’acquisto dell’hotel Palazzo per una cifra di 7 milioni di euro, molto
sottovalutata, ma sulla quale la politica di allora fece parecchie pressioni. E
soprattutto, ha fatto affari attraverso una srl, la Livorno Touring, sulla
quale indaga la procura distrettuale antimafia. L’esame vero Nogarin e la sua
giunta lo dovranno superare con il nuovo piano regolatore del porto, anche se
il Pd giocherà il tutto e per tutto per non fargli toccare la palla. E ancor di
più con il risanamento, che è lo nt an o: dire di aver ereditato una città
disastrata non è una giustificazione . Lo sapeva. Ora ha tre anni di tempo per
dimostrarlo.
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