Il corteo delle mamme contro i baby camorristi
Mamme
scennit. Iamme chi tene cor’ ”. Mamme scendete, chi ha cuore venga giù con
noi. La Sanità, il quartiere simbolo di Napoli, scende in piazza, e questa
volta ce la fa a mettersi dietro uno striscione dove ci sono scritte due parole
chiare: “No camorra”. No alle bande di baby boss, no alle “paranze dei bambini”
che si sentono uomini perché hanno una calibro nove infilata nelle mutande. No
a questa guerra schifosa che semina morti giovani e terrore. Qui domenica alle
4 del mattino hanno ucciso Gennaro Cesarano, detto Genny, 17 anni e qualche
rogna con la giustizia. Non è il primo morto giovane di questa guerra
napoletana. Non sarà l’ultimo. E allora se volete capire cosa sia il terrore,
la paura che ti fotte l’anima e la vita, dovete ascoltare il racconto che ci ha
fatto un uomo ieri a pochi passi dal palazzo che diede i nobili natali al
Principe de Curtis, in arte Totò. “E che saranno state? Le cinque del mattino,
stavamo nel basso giocando a tombola con quattro amici quando è entrato un ragazzo.
Nu muccusiello (un moccioso, ndr), aveva la faccia bianca che manco un morto.
Si è buttato a terra e piangeva. Hanno acciso a Genny, hanno acciso a Genny,
gridava. Era tutto bagnato e per un momento abbiamo pensato che pure lui era
stato colpito. Ma si era solo pisciato sotto”. Alla Sanità, 32 mila anime
strette in due chilometri quadrati, campano così. Vivono col terrore addosso, i
ragazzi con la maglietta attillata e la barba da hipster e le “guaglione” che a
13 anni si atteggiano già a femmine. Si sentono uomini di conseguenza, ma si
pisciano nei pantaloni. Non vanno a scuola, nel quartiere non c’è un asilo
nido, né istituti superiori. I più fortunati dopo le medie sono destinati ai
professionali. “Le discariche sociali”, le chiamano i sociologi. Il termine è
odioso, ma rende l’idea. Genny campava così, con la morte nel cuore. “Non
pensare ai troppi problemi. Bruciano il cervello. Pensa che ora ci siamo,
domani chi sa”, aveva scritto nel suo ultimo post su Facebook. Due colpi di
pistola gli hanno sfondato il petto. Per ammazzarlo i sicari venuti con le moto
da “coppa Forcella” (alme - no così sussurrano voci del rione) non hanno badato
a spese. 19 colpi “sparati” da una 357 magnum e da una 9,21. Come se fosse un
boss. “Ma cosa dite, cosa scrivete? Stiamo parlando di un ragazzo ucciso a 17
anni, era ancora un bambino, è una vittima di una guerra assurda. Ed è vittima
innocente perché è nato qui, alla Sanità, in un quartiere dove manca tutto”. La
signora che ci parla sul sagrato della Basilica di Santa Mara alla Sanità, la
chiesa del Munacone, per gli abitanti del rione, è una pediatra. Vive qui, tra
questa gente che si prepara alla fiaccolata. “Genny vive”, c’è scritto sulle
t-shirt col volto triste del ragazzo e mai parole furono più false e illusorie.
“Perché la realtà è che Genny è morto, i nostri figli muoiono”. Parla Antonio,
operaio. “I miei figli frequentano l’Ipsia per il turismo, la stessa scuola del
ragazzo ucciso. La sera escono e io tremo. Ora la pistola la portano ragazzi
che hanno ancora il latte della mamma sulla bocca. Qui è finito tutto, neppure
l’a n ti s t at o funziona, i vecchi boss o sono in galera o sono morti. Ora è
il tempo delle gang”. Si preparano le fiaccole. Si parla. “Genny era innocente,
vogliamo giustizia”. Chi è il nemico? “Lo Stato che non ci protegge”. Da chi? E
qui la risposta fa fatica ad arrivare. “Dalla camorra e dal suo potere”,
risponde padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano che da anni ha scelto
Napoli e la Sanità come luogo del suo impegno religioso e sociale. Alza la voce
per farsi sentire. “I vecchi boss sono in crisi, lasciano fare. E loro, i
ragazzi, si ammazzano. La droga serve alla città bene, ma è qui, nella città
malamente che si combatte la guerra. A Napoli scoppierà una rivoluzione e
allora nessuno potrà più sentirsi tranquillo”. Partono in duemila nel corteo
con le fiaccole, le mamme e i bambini. “Questi di oggi –ci dice una donna –,
questi che sparano, sono solo guappi di cartone. Una volta non era così. La
camorra di prima era diversa”. I Misso secoli fa, più recentemente i Sequino e
i Lo Russo, sono i vecchi boss, quelli che “garantivano l’ordine” e che “con
loro non si uccidevano le creature”. Vecchie nostalgie da “sindaco del Rione
sanità”. Una realtà falsa come le borse “firmate ” che vediamo sulle
bancarelle. Perché “la camorra è sempre la più grande truffa umana”. Parole di
Sasà Striano, oggi attore di fama, ieri anche lui baby camorrista. “È la
cultura camorristica che bisogna sconfiggere. Se da questa piazza non esce un
no chiaro alla camorra siamo fottuti tutti”. Giuliana Di Sarno è la presidente
della III Municipalità. Una donna forte. Entra in chiesa e parla con padre
Zanotelli e don Antonio Loffredo, i due parroci della Basilica. Dopo poco esce
lo striscione con la scritta in rosso “No camorra”.
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