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domenica 6 settembre 2015

Intervista a Rossella Orlandi, Direttore dell'Agenzia delle Entrate

Rossella Orlandi “Questo spiega perché è un fenomeno di così vasta scala. Le agenzie fiscali autonome, però, funzionano per contrastarla”

 “In Italia l’evasione serve a finanziare la corruzione”


Rossella Orlandi, lei dirige l’Agenzia delle Entrate: può sembrare che in Italia la lotta all’evasione non si sia mai fatta perché costerebbe milioni di voti.
Non sono d’accordo, ma almeno non è a noi che lo si può rinfacciare. Senza l’Agenzia , gli evasori dormirebbero sonni molto più tranquilli.

Lei ha stimato, dal 2006, un incremento del recupero da evasione del 220%. Prima non si recuperava nulla?
Il calcolo non distingueva l’effettiva riscossione. Il dato però è significativo: siamo passati da 4,4 miliardi nel 2006 a 14,2 miliardi nel 2014. Un risultato di tutto rispetto.

A cui hanno contribuito anche Equitalia e la riscossione coattiva però...
Senza il versamento spontaneo non andiamo da nessuna parte. Dei 14,2 miliardi di incassi nel 2014, 10,1 arrivano da cittadini che, per un motivo o per un altro, hanno accettato la nostra pretesa impositiva: solo 4,1 miliardi dalla riscossione coattiva.

L’Agenzia, però, è accusata di tartassare i piccoli contribuenti, mentre i grandi gruppi la fanno franca.
L’immagine di un Fisco vampiro coi piccoli e inerte coi grandi è stata costruita, spesso con l’aiuto di chi aveva interesse a diffonderla. Ma solo l’anno scorso i controlli sui “grandi contribuenti”, con fatturato sopra i 100 milioni (circa 3.200 soggetti), hanno riguardato 1.280 società, il 40% dei soggetti. Nello stesso periodo, invece, sul totale di professionisti e imprese di piccole e medie dimensioni (circa 5,4 milioni) sono stati effettuati accertamenti su 120mila soggetti, solo il 2,2%. L’azione di controllo sui grandi contribuenti ha “fruttato” oltre 2 miliardi di euro, il 26% di quanto riscosso lo scorso dai controlli.

Per l’ex pm Bruno Tinti, la legge italiana è fatta per salvare chi froda il Fisco.
Di leggi in Italia ce ne sono fin troppe: un eccesso di regolamentazione che, invece di frenare l’evasione, offre una sponda al verificarsi del fenomeno. Di recente, per dire, abbiamo individuato casi di evasione da centinaia di milioni di euro, congegnate in maniera molto semplice, ma rese possibili proprio dalla complessità del sistema normativo. C’è poi un aspetto culturale: è l’intreccio che viene a crearsi con il malaffare. Lo dico chiaro e senza paura: in Italia spesso l’evasione fiscale è solo un pretesto per finanziare reati ben più gravi, come la corruzione. Questo spiega perché è di così vasta scala.

Su 20 milioni di 730 precompilati, solo 1,4 sono stati inviati online.
È un bilancio positivo, se consideriamo il carattere sperimentale e i tempi ristretti. I risultati si vedranno in 3 anni.

Il rapporto tra contribuenti e fisco resta complicato.
È nella natura delle cose. Sta a noi inaugurare una nuova stagione di dialogo.

La voluntary disclosure, invece, si è trasformata in un semi-condono per chi detiene i capitali all’estero. E con poche adesioni.
Non è un condono, ma un accertamento con un contraddittorio. A mio avviso, però, è una tappa intermedia. E ora le rivelo la nostra ultima rilevazione: siamo a 10 mila richieste. A maggio erano mille.

Si è parlato di un eccesso di autonomia dell'Agenzia, di riportarla sotto un controllo più forte del Tesoro.
L’istituzione di agenzie fiscali dotate di autonomia organizzativa ha rappresentato invece un balzo in avanti nell’efficienza della Pa.

La nuova convenzione tra Tesoro e Entrate prevede riduzioni dei controlli e meno soldi da lotta all’evasione. Una revisione al ribasso?
In realtà non c’è stata. L’obiettivo per il 2015 era già stabilito nella convenzione di settembre 2014: 10,2 miliardi l’anno per il triennio 2014-2016. L’anno precedente lo abbiamo superato di 4 miliardi.

La revisione delle sanzioni penali con l’innalzamento delle soglie di punibilità e la depenalizzazione di elusione e abuso del diritto preoccupa i magistrati. Avrà effetti sul recupero?
Mi auguro di no. La scelta su dove posizionare l’asticella è una scelta delicata che però spetta esclusivamente al legislatore. È sicuramente molto difficile, perché se da un lato limiti troppo alti possono vanificare l’effetto deterrente, dal l’altro limiti troppo bassi portano a un intasamento dei tribunali. È fondamentale stabilire cosa è prioritario e distinguere tra varie tipologie di reato in base alla differente pericolosità sociale.

Però l’elusione fiscale delle grandi multinazionali continua a sottrarci miliardi.

Il nuovo regime di tassazione su marchi e brevetti punta proprio a contenere la delocalizzazione di questi beni in Paesi a bassa fiscalità.

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