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mercoledì 16 settembre 2015

Il monopolio della camorra sulle slot di Napoli

Dopo la retata contro i fratelli Grasso,
il business passa ai Casalesi. 
Bindi e De Magistris litigano sulla mafia


Intoccabile, inattaccabile, inscalfibile, il monopolio del clan dei Casalesi nel ramo slot machine. Un virus resistente a ogni medicina giudiziaria. Fu aperta una breccia con gli arresti e i sequestri del 2009. Finirono in manette e poi condannati i fratelli Grasso, i prestanome della camorra casertana nella vendita e noleggio delle macchinette mangiasoldi. Ma quella breccia si richiuse in poche settimane.
PIUTTOSTO che continuare a utilizzare le apparecchiature affidate a un amministratore giudiziario, i titolari dei bar e delle sale scommesse hanno preferito sostituirle, e moltiplicarle, con quelle fornite da cinque nuove aziende. In mano ai nuovi prestanome della cosca. La Dda di Napoli, tramite il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, si chiede perplessa se continuare a considerare parti offese gli esercenti che si sono adeguati all’andazzo e hanno seguitato a pagare una tangente. I magistrati della Procura antimafia guardano con attenzione a quel che succederà ora, dopo la retata dei 44 provvedimenti cautelari eseguiti dalla Dia del capocentro di Napoli Giuseppe Linares contro i leader della fazione Russo-Schiavone, un pezzo di clan dei Casalesi molto vicino a Nicola Cosentino (l’ex sottosegretario, citato nelle carte dell’operazione, è parente del boss Giuseppe Russo ‘O Padrino, in carcere da tempo), e che è ingrassato anche grazie ai proventi delle 3200 slot machine sottoposte ieri a un nuovo sequestro. Pure queste macchinette verranno “sostituite”? L’affare è colossale. I numeri sono riassunti nell’ordinanza firmata dal Gip Amelia Primavera: fino al sequestro preventivo del 27 aprile 2009, le slot riferibili ai fratelli Grasso operavano in 71 Comuni del Casertano per un totale di 635 apparecchiature distribuite in 274 esercizi commerciali; al settembre 2012 la King Slot in amministrazione giudiziaria opera in 55 Comuni del Casertano per un totale di 210 macchine in 135 esercizi commerciali. Immediatamente dopo il sequestro, le società del clan Russo-Schiavone hanno installato 931 apparecchiature da gioco distribuite in 253 negozi in 54 Comuni della Provincia di Caserta. Tiriamo le somme: il contingente di slot in amministrazione giudiziaria si è ridotto di 425 unità in circa due anni e mezzo, pari ai due terzi dello stock amministrato dai Grasso. Intanto i Russo-Schiavone sono riusciti a installare il doppio degli apparecchi prima gestiti dalla consorteria casalese tramite i Grasso. E stiamo parlando di quelli “legali”, senza considerare le slot in “nero” non allacciate ai circuiti ufficiali.
I DATI vanno incrociati con le rivelazioni di un nuovo pentito, Enzo Alessio D’Aniello : “C’è una vera e propria tariffa che il clan percepisce dall’affare dei videogiochi, 50,00 euro mensili a macchinetta. Le installazioni vengono imposte attraverso affiliati che non hanno nemmeno bisogno di dire chi li manda”. È la camorra imprenditoriale che spilla soldi a palate penetrando nelle debolezze del gioco d’azzardo. Sul tema litigano a distanza Rosi Bindi e Luigi de Magistris. La presidente della commissione Antimafia, a Napoli, si lancia in un’improvida affermazione sulla “camorra elemento costitutivo della società di questa città”. Arrivano le bordate del sindaco: “Frase che non condivido per nulla e che mi ha fatto saltare dalla sedia: noi siamo costituiti da storia, teatro e umanità”. Indignato anche il governatore Vincenzo De Luca: “Un’offesa sconcertante”.

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