Dopo la retata contro i fratelli Grasso,
il
business passa ai Casalesi.
Bindi e De Magistris litigano sulla mafia
Intoccabile, inattaccabile, inscalfibile, il monopolio del
clan dei Casalesi nel ramo slot machine. Un virus resistente a ogni medicina
giudiziaria. Fu aperta una breccia con gli arresti e i sequestri del 2009.
Finirono in manette e poi condannati i fratelli Grasso, i prestanome della camorra
casertana nella vendita e noleggio delle macchinette mangiasoldi. Ma quella
breccia si richiuse in poche settimane.
PIUTTOSTO che continuare a utilizzare le apparecchiature
affidate a un amministratore giudiziario, i titolari dei bar e delle sale
scommesse hanno preferito sostituirle, e moltiplicarle, con quelle fornite da
cinque nuove aziende. In mano ai nuovi prestanome della cosca. La Dda di
Napoli, tramite il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, si chiede perplessa
se continuare a considerare parti offese gli esercenti che si sono adeguati
all’andazzo e hanno seguitato a pagare una tangente. I magistrati della Procura
antimafia guardano con attenzione a quel che succederà ora, dopo la retata dei
44 provvedimenti cautelari eseguiti dalla Dia del capocentro di Napoli Giuseppe
Linares contro i leader della fazione Russo-Schiavone, un pezzo di clan dei
Casalesi molto vicino a Nicola Cosentino (l’ex sottosegretario, citato nelle
carte dell’operazione, è parente del boss Giuseppe Russo ‘O Padrino, in carcere
da tempo), e che è ingrassato anche grazie ai proventi delle 3200 slot machine
sottoposte ieri a un nuovo sequestro. Pure queste macchinette verranno
“sostituite”? L’affare è colossale. I numeri sono riassunti nell’ordinanza
firmata dal Gip Amelia Primavera: fino al sequestro preventivo del 27 aprile
2009, le slot riferibili ai fratelli Grasso operavano in 71 Comuni del
Casertano per un totale di 635 apparecchiature distribuite in 274 esercizi
commerciali; al settembre 2012 la King Slot in amministrazione giudiziaria
opera in 55 Comuni del Casertano per un totale di 210 macchine in 135 esercizi
commerciali. Immediatamente dopo il sequestro, le società del clan
Russo-Schiavone hanno installato 931 apparecchiature da gioco distribuite in
253 negozi in 54 Comuni della Provincia di Caserta. Tiriamo le somme: il
contingente di slot in amministrazione giudiziaria si è ridotto di 425 unità in
circa due anni e mezzo, pari ai due terzi dello stock amministrato dai Grasso.
Intanto i Russo-Schiavone sono riusciti a installare il doppio degli apparecchi
prima gestiti dalla consorteria casalese tramite i Grasso. E stiamo parlando di
quelli “legali”, senza considerare le slot in “nero” non allacciate ai circuiti
ufficiali.
I DATI vanno incrociati con le rivelazioni di un nuovo
pentito, Enzo Alessio D’Aniello : “C’è una vera e propria tariffa che il
clan percepisce dall’affare dei videogiochi, 50,00 euro mensili a macchinetta.
Le installazioni vengono imposte attraverso affiliati che non hanno nemmeno
bisogno di dire chi li manda”. È la camorra imprenditoriale che spilla soldi a
palate penetrando nelle debolezze del gioco d’azzardo. Sul tema litigano a
distanza Rosi Bindi e Luigi de Magistris. La presidente della commissione
Antimafia, a Napoli, si lancia in un’improvida affermazione sulla “camorra
elemento costitutivo della società di questa città”. Arrivano le bordate del
sindaco: “Frase che non condivido per nulla e che mi ha fatto saltare dalla
sedia: noi siamo costituiti da storia, teatro e umanità”. Indignato anche il
governatore Vincenzo De Luca: “Un’offesa sconcertante”.
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